} //-->

TRANSLATION IN PROGRESS

Cosa penso di lui

In quella specie di prezzario in cui ogni insegnante deve inserire i propri allievi sulla base del loro valore, Giorgio Libotte risulto' da subito essere uno dei piu' "costosi".
Solido, affidabile, non privo di un discreto ma tagliente senso dell'humor, eroico nell'affrontare le intemperie di una materia basata su dotazioni hardware capricciose e spesso inaffidabili con sistemi di salvataggio dei dati nati al tempo dei dinosauri, il ragazzo non disdegno' nemmeno una sorta di tirocinio con il proprio insegnante, il sottoscritto, che approfittando dei suoi trascorsi professionali nel campo dell'editoria, coltivava, sicuramente precorrendo i tempi, l'utopia di realizzare dei prodotti multimediali di divulgazione scientifica destinati ai ragazzi. Dal punto di vista strettamente pratico, si trattava di mostrare all'eventuale editore interessato, ma del tutto sprovvisto dell'attrezzatura adatta alla bisogna, il cosiddetto prodotto interattivo. Non solo. Non esistevano a quei tempi le chiavette da taschino con capienze di centinatia di gigabite, ne' era pensabile la masterizzazione dei CD. Il solo supporto abbordabile era il classico floppy disk.

Ma i floppy disk, come sa chi ancora se li ricorda, non avevano la capacita' di contenere il file originale di un prodotto multimediale nemmeno "zippandolo". Si doveva percio' ricorrere al programmino ARJ che spezzava il file in vari segmenti permettendone il salvataggio su un floppy ciascuno. In questo modo, per contenere tutto il file originale bastavano "solo" una ventina di floppy. Piu' o meno. Una volta salvati sul computer di destinazione l'ARJ ne ricostruiva l'integrita'. Insomma tutta una serie di problemi, oggi inimmaginabili, tutti magnificamente risolti grazie alla collaborazione professionale e fisica di Giorgio Libotte (nel senso letterale del trasporto fisico a braccia di tutta l'attrezzatura nelle sedi editoriali sia a Roma che a Milano).
Cio' spiega il significato della caricatura e la nascita di una delle amicizie piu' affidabili e durature fra l'allievo, detto Marullo, quel signore "dall'alma gentil come il core" che nel vociante melodramma del Rigoletto di Verdi e' il solo che tace, e il maestro, quel sadico che lo svegliava prima dell'alba con le trombe a tutto volume dell'"Also sprach Zarathustra" di Richard Strauss. Digital Stereo DDD!

Cosa pensa lui di me

Quando penso ad Amedeo il mio viso non riesce a nascondere un sorriso.
Ci sono persone nella vita che hanno vissuto delle esperienze incredibili, hanno assistito a degli eventi unici nella storia e che hanno lasciato un'impronta di tutto cio'; Altri, colti da un'ispirazione più unica che rara, hanno scritto opere che sfidano il tempo e che rimangono intramontabili nei decenni. Poi, ci sono quelli che con lo loro sola forza e la loro visione delle cose del mondo hanno mosso popoli interi verso altri destini biblici, sociali o politici... o che hanno semplicemente mostrato una via "diversa" da quello che ti aspetti dalla vita.
Amedeo e' stato per me un mix di tutto questo.
Amedeo l'ho incontrato per la prima volta a sette anni, in Africa.
- Come in Africa, che c..o stai a di' ?
- Si, si ! in Africa. A sette anni, nel 1979 a Cotonou (Repubblica del Benin). Un'amico di classe, un rumeno, mi mostro' la sua collezione di figurine sulla storia dell'aviazione, dai fratelli Wright al Concorde. Me li ricordo perfettamente.
- E come sapevi che era Amedeo ?
- Non lo sapevo ancora.
La passione del disegno viene in parte da quella collezione. All'epoca non me la cavavo troppo male per un ragazzino di sette anni, ma quelle figurine mi hanno dato la voglia di copiare davvero e di inventare altri aeroplani. E poi uno a sette anni disegna perche' e' bello disegnare. Senza pensarci. Solo che io ho continuato a disegnare ogni santo giorno della mia vita.
Amedeo l'ho incontrato nuovamente in Africa, otto anni dopo, nel 1986 a Lome' (Repubblica Togolese). Mio padre mi compro' una serie di opere illustrate sull'aviazione in offerta. C'erano i disegni di Marcello Ralli, qualche altro nome e Amedeo Gigli. Ero talmente affascinato da quei profili che ho conservato gelosamente quelle opere fino ad oggi. Ora si trovano nella mia libreria privata.
- E come sapevi che era Amedeo ?
- Be', li' c'era scritto il suo nome accanto ai disegni.
A quell'epoca disegnare era un vero piacere, anche se non avevo mai seguito dei veri e propri corsi. Tutto quello che sapevo fare lo avevo imparato da solo, tutto a occhio, nessuno studio delle proporzioni o della prospettiva. Ma di profili di astronavi da guerra (erano gli anni ottanta, Guerre Stellari e la fantascienza in generale regnavano sulla cultura dei giovani) ne facevo a bizzeffe, con tanto di schede copiate pari pari da quelle stampate sulle opere di Amedeo : apertura alare, autonomia, capacità di trasporto, velocita' di crociera, e cosi' via…
Facevo gia' l'illustratore senza rendermi conto. Creavo mondi fantastici, guerre interplanetarie, storie drammatiche di eroi perduti nello spazio.
Amedeo infine l'ho incontrato per davvero nel 1995, al terzo anno di illustrazione (alla fine la mia passione l'ho trasformata in progetto di vita) ma ci vollero alcuni mesi prima che entrassi nella sua caverna di Ali' Baba', fatta di ben due computer (un vero lusso all'epoca), uno scanner a sublimazione e un vasto repertorio di illustrazioni ancora oggi appese per tutta la casa. Fino a quel giorno non sapevo che lui era quell' Amedeo. Quel giorno vidi le figurine e vidi i profili a tempera aerografata. Quelli che avevano accompagnato la mia infanzia e la mia adolescenza.
E quel giorno, tutti i pezzi del puzzle che avevo raccolto nel passato si sono messi di colpo tutti assieme.
Avevo capito di avere incontrato il mio maestro. E non solo di illustrazione, ma anche il mio maestro di vita. La mia luce, la mia guida.
Gli offrii anima e corpo dopo il triennio all'ICEI. Per me era ovvio e assolutamente necessario. La scuola era di per se' gia' una buona cosa, con discrete prospettive professionali, ma non era proprio nulla in confronto a quello che Amedeo poteva offrirmi : la luce. Non che fosse santo, eh ? Anzi… Ho rapidamente scoperto che per raggiungere un certo obbiettivo c'erano delle esigenze molto alte da onorare, sia dal punto di vista umano che professionale. Scordatevi i capricci, le scuse ridicole del tipo "sono stanco" o "uffa non mi va'". Con Amedeo non si scherza, quando c'e' da lavora' nun c'e' trippa pe' gatti. Ma forse perche' ero predisposto a quel tipo di sacrificio, o semplicemente perché avevo davvero incontrato la guida spirituale capace di mostrarmi una via "diversa" da quella che immaginavo, ho sempre risposto "presente" (salvo forse un paio di volte, ma piu' per inesperienza che per malavoglia) ogni volta che suonava il telefono e che sentivo la mitica formula :

"Marullo, ti devo parlare di un progetto che di sicuro ti piacerà."

E quando si parlava di progetti, non era mica roba da due o tre giorni, si parlava di settimane, mesi, viaggi a Milano, odissee a Roma. Con Amedeo abbiamo approfondito il concetto di interattivita' quando i pc erano ancora poco interattivi, e i supporti "mobili" erano solo un sogno. Con i Floppy da un mega e mezzo non ci facevi molto, i CD e i masterizzatori erano un lusso, e i computer avevano dei processori a manovella. Internet era ancora un mostro sconosciuto. Ma non ce ne fregava niente. Amedeo aveva l'idea, io avevo la forza e i mezzi. Quando andavo a lavorare a casa sua mi portavo il mio PC e un monitor da 17 pollici (parliamo di un tubo catodico, mica di uno schermo LED…) che pesava una tonnellata. Ci rimanevo giorni, notti, week-end. Mi portavo appresso il necessario, il pigiama, dormivo nello studio accanto ai PC. Amedeo preparava la colazione, il pranzo e la cena; e mentre portavamo avanti il progetto il mio spirito si arricchiva di tutti i racconti del maestro, le sue esperienze, il suo punto di vista su tutto e tutti, le sue opinioni, i suoi disegni belli da morire e … i suoi dischi. Memorabile fu un risveglio di domenica mattina presto al suono dell'apertura di "Also Sprach Zarathustra" a palla. Sapete, quella che inizia piano piano e poi spara tutti gli strumenti di botto, roba da far tremare i muri. Il tempo di accorgermi di cosa stavo per subire, era troppo tardi :-)
Sensazione unica.
Potrei ancora scrivere a lungo, ma per una pagina web questo è già troppo.
Insieme, di successi ne abbiamo colti pochi rispetto agli sforzi compiuti, l'astrolabio fu l'apice della nostra collaborazione, nel bene (ebbe un discreto successo) e nel male (mostro' i limiti del rapporto legati alla distanza che ci separava, visto che all'epoca ero gia' in Belgio). Ma il piu' grande successo e' quello di aver saputo fare tesoro dello spirito professionale con il quale bisogna affrontare il lavoro. Non ho avuto il tempo di imparare a "disegnare davvero", ma ho raccolto la sua eredita' professionale che ancora oggi mi guida nella vita ogni giorno. Con quel bagaglio non ho avuto paura di andare via dall'Italia, andare a lavorare in Lussemburgo, e impormi in un luogo sconosciuto. Tutto questo lo devo ad Amedeo.
Se avessi la possibilità di tornare indietro nel tempo, non cambierei nemmeno una virgola. E anche se sono passati tanti anni, Amedeo rimane Neno e io rimango il Marullo sempre fedele che ogni tanto risponde "presente" via mail. E prima o poi un piatto di pastasciutta a casa sua me lo faccio di sicuro, appena la moglie e i figli mi lasciano in pace.
E potro' di nuovo arricchire il mio spirito con le mille e una avventure di Neno che nel frattempo ne avrà fatte di cotte e di crude.

<>

GO TO THE SITE
OF GIORGIO LIBOTTE


Back to sudentes